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dell’Alta Valle del Tevere, ai piedi dell’Alpe
della Luna (monti dell’Appennino centrale) nella
piana del Tevere sulla sinistra del fiume a meno
di 2 Km da esso. Posta in una posizione superba
sia che la si contempli da oriente (Appennino) sia
da occidente (dall’alto dei Anghiari), la
superficie del comune è di 91,48 Kmq. e la
popolazione di circa 16.000 abitanti. La piccola
cittadina, domina
l' Alta Valle del Tevere al suo dischiudersi in un
vasto ed armonico anfiteatro collinare.
Di
probabile origine romana, la città presenta un
volto sereno ed armonico. L' assetto urbanistico
all' interno della cinta di mura quadrilatera è
rimasto quello medioevale, arricchitosi di
pregevoli edifici rinascimentali e barocchi. Il
patrimonio artistico, veramente notevole, è
raccolto principalmente nel Museo Civico, nel
quale si possono ammirare il polittico della
"Madonna della Misericordia" e la " Resurrezione"
di Piero della Francesca, il sommo artista nato
proprio in questa città agli inizi del XV secolo.Fra
gli edifici di maggior interesse: la Cattedrale
romanica, la Loggia delle Laudi (XVI sec.), la
chiesa di San Francesco (XIII sec.).
Manifestazioni: la 2° domenica di settembre ha
luogo il tradizionale Palio della Balestra.
La Storia della città:
Terra
abitata da popoli antichissimi, prima gli Umbri
tra il 1000 ed il 500 a.C. dei quali poco
sappiamo, e che nulla ci hanno lasciato; a questi
succedono gli Etruschi dei quali ben conosciamo la
storia, anche per i numerosi reperti sparsi nel
territorio;
infine l’epoca romana.
Secondo un’antica
e costante tradizione, non confortata a tutt’oggi
da documenti di archivio, le origini del Borgo
sono legate alla storia di due pellegrini, uno
greco e l’altro spagnolo, rispettivamente di nome
Arcano ed Egidio. Di ritorno da Gerusalemme con
alcune reliquie del Santo Sepolcro, essi si
fermarono nell’alta valle del Tevere, in una
località detta Nocea o Noceato ( essendovi
numerose piante di noci )lungo una strada e presso
una sorgente, dove presero riposo. Arcano in sogno
ebbe una visione in base alla quale doveva
fermarsi in quel luogo e fondarvi una città in
onore del Santo Sepolcro di Cristo. Edificarono
una piccola cappella che costituì l’inizio della
futura città, in quanto gli abitanti del contado,
a conoscenza dell’avvenimento, lasciarono in molti
i loro castelli sui monti per costruirsi una nuova
abitazione sul posto prescelto dai pellegrini.
Questo racconto, tramandato oralmente e forse
riportato anche da documenti andati perduti per
pubbliche calamità viene ripreso da alcuni storici
del secolo XV, tra cui il Largi e l’Anonimo
Laurenziano. E’ evidente come il fatto narrato ci
offra una traccia del passaggio dal sistema
feudale all’epoca dei Comuni: i feudatari, di
comune accordo, creano "un borgo", prima che una
iniziativa simile venga presa dai ceti inferiori.
Sempre secondo la tradizione, Arcano sarebbe stato
il primo capo spirituale e temporale del piccolo
centro che, in omaggio alle venerate reliquie, fu
denominato Borgo del Santo Sepolcro.

Ma
ben presto egli, sentendo ormai non lontana la
fine, mise a capo della comunità un monaco di nome
Isaia, il quale dette inizio al consiglio dei XXIV,
formato dai membri delle principali famiglie. Solo
più tardi, sarà affiancato da un nuovo consiglio,
detto del popolo, formato da 60 componenti, eletti
tra i cittadini. Nel 1012 risulta che sotto Bonilo
( o Bonizzo o Roderico ), successore di Isaia, si
eresse la prima abbazia, dedicata all’apostolo
Giovanni, ma comunemente detta del Santo Sepolcro.
Gli storici sottolineano la "meravigliosa
coincidenza" tra la distruzione della chiesa del
Santo Sepolcro in Gerusalemme da parte dei
Saraceni e la costruzione di quella del Borgo. In
pari data il benedettino S. Romualdo fondava
l’ordine monastico camaldolese, ma con precisione
non sappiamo quando la prospera abbazia del Borgo
sia stata aggregata alla nuova famiglia religiosa.
Ben
presto abbazia e città ottennero riconoscimenti e
favori da parte di pontefici e imperatori ( tra
cui Ottone III e Federico Barbarossa ), che le
resero autonome da feudatari e da vescovi e
dipendenti solo dall’imperatore. Così la struttura
sociale ne risentì in quanto la libertà e le
immunità concesse richiamarono gli abitanti dei
castelli e delle campagne circostanti verso
l’agglomerato urbano, con la conseguenza di un
forte incremento edilizio. Per i privilegi
suddetti gli abati del monastero del Santo
Sepolcro ottennero pieni poteri spirituali e
civili sulla città. Ma con il sec. XIII iniziò per
loro una grande contesa con i vescovi di Città di
Castello che rivendicarono per sé ogni
giurisdizione spirituale sul Borgo e sul suo
territorio.
La
controversia, originata dalla costruzione della
nuova pieve di Santa Maria, eretta fuori dalle
mura ( 1207 ) in seguito a un accordo tra le
parti, sfociò in una lite che, con alterne vicende
e punte di estrema tensione che si chiuse solo
dopo l’elevazione dell’abbazia a diocesi ( 1520 ),
lasciando tuttavia strascichi di rivalità tra i
due popoli limitrofi. Intanto il Borgo subì
l’evoluzione politica di molte città dell’Europa.
Nel 1301 fu proclamato libero comune, ma, già dopo
pochi anni, Uguccione Della Faggiuola, podestà di
Arezzo, aveva ottenuto dall’imperatore Ludovico il
Bavaro il diritto di essere signore di Borgo
Sansepolcro;
la signoria durò poco: il capitano di
ventura Carlo Graziani, liberò la propria città,
che tornò comune autonomo fino al 1328. Inizia qui
un periodo in cui l’importante centro viene
conteso tra varie signorie, con vicende molto
alterne. Il
secolo XIV fu il più travagliato per Sansepolcro
non solo per le svariate vicende politiche, ma
anche per una serie di calamità. Nel 1351-1352
alcuni gravi terremoti distrussero buona parte
degli edifici tra cui la stessa abbazia
camaldolese con il campanile. Un incendio fece il
resto. Le cronache del tempo parlano di due o
tremila morti ossia, tenendo conto della probabile
espansione urbanistica, circa metà della
popolazione. Epidemie, pestilenze ed un saccheggio
da parte dei Castellani ( abitanti della vicina
Città di Castello ) si aggiunsero a tutto questo.
Ma dalla rovina il centro altotiberino risorse più
florido e più bello. Già nel 1353, dopo il
terremoto, l’arcivescovo di Milano, Giovanni
Visconti, aveva mandato sul posto 300 muratori per
iniziare la riedificazione. Negli ultimi decenni
del secolo poi Galeotto Malatesta, signore di
Rimini, restaurò le mura, devastate dai terremoti
e aggiunse quattro rocche. Ma l’espansione e
l’abbellimento urbanistico della città hanno il
loro momento fondamentale durante il dominio di
Firenze. Cosimo dei Medici affidò all’architetto
Bernardo Buontalenti il completamento della cinta
muraria, delle porte e della fortezza. Nei decenni
successivi sorse la massima parte delle chiese e
dei palazzi ed il Borgo assunse la sua fisionomia
definitiva, quella che ancora oggi lo caratterizza
e gli dà la tipica impronta di città toscana. Da
questo momento la sua storia segue quella del
Granducato di Toscana ed infine quella nazionale.
Purtroppo anche nell’evo moderno terremoti,
epidemie, lotte intestine e sedizioni varie
punteggiarono il cammino della città altotiberina,
che poté sempre riprendersi grazie alla
laboriosità e alla tenacia dei suoi abitanti. Da
segnalare la lotta contro la piaga del
brigantaggio, intrapresa dai Granduchi di Firenze
negli ultimi decenni del sec. XVI. La distruzione
del castello di Montedoglio, che era rifugio di
molti fuoriusciti, ad opera di Giulio Beccaria,
capitano milanese al soldo dei Medici, concluse
con successo questa azione. Nel XVIII secolo
furono particolarmente gravi i terremoti: quello
del 1781 produsse notevoli danni alla città. Il
granduca Pietro Leopoldo intervenne allora, come
risulta ancora da una lapide, con notevoli aiuti
per la ricostruzione della città, restaurando a
spese dello stato le case dei poveri e concedendo
esenzioni fiscali. Per la sicurezza dei cittadini
egli volle poi che tutte le torri superstiti
fossero abbassate o "scapitozzate". Questo fatto
lasciò tracce tuttora evidenti: il Borgo si
presenta infatti agli occhi del visitatore con una
serie di torri relativamente poco elevate. Nel XIX
secolo, riunitasi Sansepolcro al Regno d’Italia,
da un negozio artigiano posto in via Firenzuola si
sviluppò l’industria della pasta, che con lo
stabilimento Buitoni assunse importanza italiana e
persino estera. Sansepolcro divenne un centro
industriale di rilievo ed altre aziende diedero
prosperità alla zona. Nell’ultima guerra
Sansepolcro subì distruzioni non indifferenti; tra
l’altro la Torre di Berta, la maggiore tra le tori
cittadine, che sorgeva al centro della piazza ( ne
è rimasto ancor oggi il nome ) fu distrutta
dall’esercito tedesco in ritirata nel 1944 e mai
ricostruita.
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